La mia Milano di colore giallo Oro e polvere
Il colore ci circonda, ci condiziona, ci fa stare bene o malissimo; il colore arreda, decora, rende diverso il volume o la distanza degli oggetti e li fa apparire pesanti o leggeri, interferisce con il gusto e l’olfatto e ci fa venire sonno oppure ci sveglia. Se dovessi dire di che colore è Milano, sottraendo le suggestioni temporanee delle pubblicità, o i graffiti che la affratellano a mille altre città e ignorando le poche (per fortuna) bizzarrie cromatiche su antiche case che ricordano indecorose nonne travestite da nipoti, penserei per primo al giallo, colore dell’intelligenza, del dinamismo e della felicità. Il giallo Milano fu voluto da Maria Teresa d’Austria per ragioni economiche sulle case di ringhiera, per mitigare il fumo giallastro prodotto dai camini che oggi ritroviamo sui tram. sulle bike sharing e che per molti anni è stato la livrea dei taxi prima che divenissero bianchi.
La “scighera” (la nebbia milanese), un tempo colpevole dell’attenuazione cromatica del paesaggio e tributaria di un’ispirazione leonardesca (pare), è un fenomeno ormai quasi scomparso. Il colore riprende, col variare del clima, il suo giusto posto nella vita dei milanesi, con il verde dei suoi 54 parchi, l’azzurro dei suoi molti corsi d’acqua, navigli, rogge, fontanili, cave, laghetti pieni di pesci e gamberi
d’acqua dolce e la darsena, coi suoi cigni e i suoi germani reali; i giardini segreti, verdissimi, che si vedono solo dall’alto, nei cortili e nei quadrilateri delle case del centro, nel rosa dei fenicotteri di villa Invernizzi, o nelle 55 vetrate del Duomo (…) L’oro, preziosa sublimazione del giallo, è il colore della Madonnina che dall’alto dei suoi 108,5 metri, non doveva essere superata da nessun edificio.
Emanuela Volpe
Docente e pittrice