Testi critici
Testo critico di Francesca Pensa
L’opera di Emanuela Volpe appare ricca di declinazioni espressive diverse, che però sono strettamente legate tra loro dalla coerenza del pensiero creativo e delle scelte formali.
La determinazione di una forma pittorica originale è già evidente nella produzione che l’artista crea negli anni novanta, quando realizza vari ritratti, alcuni dei quali dedicati all’amica Pea.
Il colore appare già come l’elemento dominante della composizione, anche se la sua stesura non ha ancora quell’ossatura segnica caratteristica delle fasi successive, che si evidenzia invece in alcuni lavori che tendono a leggere il soggetto rappresentato, sempre concentrato sul tema della figura, attraverso una struttura geometrica costruita su variegate cromie.
La rappresentazione della modella, prevalentemente femminile, comincia successivamente a complicarsi, prevedendo una costruzione attraverso particolari ingranditi che riducono il corpo in frammenti, nei quali è sempre il colore che determina la forma.
Anche per questa artista, come per le sue compagne del Gruppo Artemisia, fondamentale è il rapporto con il modello vivente: l’artista “copia”, usando però il pennello come fosse la matita per disegnare e impiegando già nella fase iniziale un colore capace di trasformare ogni riferimento mimetico in lettura interiore; con queste modalità pittoriche la Volpe arriva quindi alla sua attuale e originale definizione della rappresentazione del corpo, che viene indagato nelle due versioni fondamentali della figura e del ritratto, non raramente con una distinzione precisa tra l’uno e l’altro genere.
Se infatti i ritratti restituiscono volti ripresi con tagli particolari, in alcuni casi fortemente ravvicinati, nei quali la scelta delle cromie e la evidenza dei segni stravolgono fisionomie reali in una definizione stabilita da uno sguardo mentale, nella rappresentazione di figura il viso può sparire, lasciando unicamente all’immagine del corpo il compito della narrazione visiva.
Le anatomie vengono quindi delineate dal colore, che è steso attraverso gli evidenti percorsi del pennello, dai quali emerge l’itinerario creativo che ha condotto alla resa finale. Le cromie si presentano in una scelta ampia e variegata, nella quale è difficile individuare preferenze per tinte particolari: chiaro è peraltro l’effetto di forte emozione percettiva generato dalla tavolozza, composta da colori vitali ed energici.
E sono quindi il colore e il segno che giungono a mostrare il carattere più tipico e insieme più significativo della pittura della Volpe, e cioè la sua partecipazione profonda all’atto del dipingere, vissuto quasi come una necessità esistenziale premuta da una urgenza espressiva.
L’artista arriva poi a delineare anche altri particolari soggetti, che ampliano la gamma dei temi frequentati abitualmente: vediamo infatti comparire nella produzione della pittrice figure alate dall’apparenza di strani angeli che ostentano una inaspettata nudità o addirittura immagini di sofferenti donne crocefisse.
Un’altra originale declinazione della pittura della Volpe è poi stabilita da alcune tele di grandi dimensioni, sulle quali si stendono giganteschi nudi di donne; le figure femminili assumono così una misura abnorme, ma il loro gigantismo non le trasforma in pericolosi titani, perchè le anatomie accese da colori vitali e gioiosi risvegliano nella nostra mente il ricordo fantastico delle vicende di mitiche divinità protagoniste di leggende domestiche e intime piuttosto che eroiche.
Altro interessante e significativo sviluppo del lavoro della Volpe è costituito dai calligrammi, nei quali i segni della scrittura intervengono come parte importante della narrazione visiva, assumendo un valore formale oltre che semantico: questi particolari lavori, a volte arricchiti da interventi di dripping, di frottage e di doratura, possono riportare brevi brani di celebri opere poetiche, che condizionano, con il loro messaggio, l’intera composizione nei colori e nelle forme.
L’opera di Emanuela Volpe, nella sua ampia e diversificata produzione, mostra quindi la passione profonda che da sempre guida questa artista nella sua costante ricerca di forme pittoriche originali e attuali.
Francesca Pensa
Testo critico di Gabriella Ferri Piccaluga
Emanuela Volpe, diplomata a Brera. Vive e lavora a Milano e insegna discipline pittoriche presso il Liceo Artistico Boccioni di Milano.
Lascia libero campo alle emozioni che si concretano nell’accensione dei colori accostati con sapienza e audacia e nel dinamismo dell’azione pittorica. Se il modello proposto è un oggetto, una composizione con piccole figure o una conchiglia isolata, il colore portato a livello del segno lo indaga con estrema attenzione in tutti i suoi aspetti, lo disegna direttamente con tratti corposi e sicuri e lo trasforma fino a renderlo non più riconoscibile. Quel che conta non è più la sua realtà fisica quanto la sua appartenenza ad uno stato di natura; una conchiglia diventa il fluttuare delle onde o il possente e incessante movimento del mare. La figura umana, la modella ripresa dal vero, sono interpretazioni sensibili e convincenti di stati d’animo e di sentimenti, una animata conversazione tra soggetto e oggetto, piena immedesimazione nell’altro o forse ricerca all’interno del proprio mondo personale.
Gabriella Ferri Piccaluga
Testo critico di Stefano Fugazza
Emanuela Volpe è ancora più attratta dalla sintesi che si direbbe ricercare un’essenzialità stenografica, sicchè pochi tratti di colore delineano una figura, una fisionomia, uno stato d’animo. In altri casi invece, segnatamente negli acquarelli, la pittrice è attratta dalle potenzialità lirico- espressive del colore, dalla sua capacità di resa simbolica.
Non è che Emanuela Volpe ignori le problematiche delle sue colleghe di “Artemisia”, perché anzi il gruppo è fondato su una rara omogeneità, su una consonanza di accenti di impressionante tenuta, però è vero che l’indagine dentro il volto e il corpo della donna qui si affianca e quasi cede ad altri obiettivi, che sono quelli di una declinazione prevalentemente formale, di un interesse più risoluto rivolto ad aspetti quali la composizione, i rapporti tra le singole parti eccetera. Il taglio dell’immagine, per esempio, che viene scelto sempre accuratamente, nel caso dei dipinti di Emanuela Volpe appare di particolare audacia, consentendo talora la focalizzazione isolata dal contesto, su un aspetto del tutto circoscritto, come potrebbe essere la metà di un volto o, nel caso della figura distesa di un nudo femminile, l’abnorme rilievo assunto dagli arti rispetto al viso. Anche il colore gioca un ruolo in questa direzione, nel senso che la sua funzione non è particolarmente espressiva quanto piuttosto compositiva: in Giallo la banda orizzontale a cui si appoggia la figura è soprattutto colore, in relazione – opposizione con il nudo e con la tonalità del fondo, e allo stesso modo in Natale a Corsico sono le due tinte – una della struttura interna, una dello spazio contiguo – a reggere l’opera, fondata appunto sui rapporti cromatici.
Sembra rivendicare, Emanuela Volpe, con le sue opere, una visione della pittura come raffinato esercizio, scartata la possibilità che all’arte sia richiesta un’indagine che abbia qualche obiettivo sociale o qualche parentela con l’attualità della storia, della cultura, dell’esistenza individuale. Questo non significa che Emanuela sia insensibile alle tensioni del tempo presente; indica piuttosto la sua vocazione per quanto di immanente, di essenziale c’è nel lavoro dell’artista.
Stefano Fugazza
Testo critico di Luisa Erba
La necessità, tutta femminile, di non isolarsi, ma di confrontarsi continuamente, la disponibilità all’apprendimento, la capacità di mettersi in discussione, sono una spinta forte a lavorare in funzione di una continua crescita, di un continuo superamento dei traguardi già raggiunti.
La nostra amica ci presenta il punto d’arrivo del suo lavoro oggi, che è il punto di partenza per la ricerca che riprenderà già da domani. Il fatto che sia in cammino non significa affatto che sia principiante. E’ brava, e qui ce ne offre la prova. E varrà la pena di seguire la sua attività, perchè promette molto.
E qui invito i presenti a visitare la mostra, e a scoprire il rigoroso senso della composizione di Emanuela Volpe, la capacità di resa dei caratteri, unite sempre ad un particolare modo di usare il colore, talvolta vicino ai Fauve.
Luisa Erba
Testo critico di Giorgio Seveso
In Emanuela Volpe la leggerezza sorgiva del “non finito” è come una luce più interna che fisica. Una luce che vive di inquieti slanci, di intimi dilavamenti ma anche di segrete accensioni e che in molti casi si rapprende in grumi leggeri e translucidi, in impasti e trame d’ocra trasparente, in liquidità luminescenti e carezzevoli.
E tuttavia, questa sorta di precarietà delle immagini, questa loro fluttuanza vibratile e talvolta quasi informale non giunge mai a darci, in virtù di una sua palpitante carica lirica diffusa ed essenziale, il senso di un progetto soltanto, del mero bozzetto, bensì quello più denso e tondo, dell’opera compiuta. La figura, insomma rimane pur sempre il punto in cui convergono ogni certezza e ogni ambiguità, ed in cui si addensa la vitalità dell’immaginazione metaforica insieme alla registrazione d’ogni privata emozione.
Giorgio Seveso
Testo critico di Rolando Bellini
Emanuela Volpe scioglie in un tracciato multicolore ogni soggetto dichiarato, per donare nuova vitalità alla iconografia: Ella sembra linea e colore, spazio e tempo reali, per poi ricostruire questo e quello ed ogni figurazione, con un arabesco danzante, ora continuo e fluttuante a formulare un dettato armonico ed ora frantumato e discontinuo a costruire una composizione distonica. Si tratta dunque di una processualità che dà sostanza particolare ( la sostanza propria dei pigmenti) e nuovo spessore alla iconografia, quei tracciati lineari, a soggetti noti, ricorrenti nella storia della pittura antica, come recente, noti eppur sempre inediti per la loro intrinseca inesauribilità.
Radici, conchiglie, ritratti, tutto sembra assumere, a tratti, la pregnante presenza di ciò che resta dopo un naufragio: frammenti emblematici. Altre volte, viceversa, affiorano dai lineamenti salienti variamente configurativi i sintomi d’una ricerca ancora in essere, che tenta di catturare la sostanza vitale del soggetto degnato.
Talvolta tale soggetto sembra proprio insediarsi sulla superficie del supporto e dare anima all’opera. C’è da dire: il soggetto non è più né mai, ciò che è rappresentato, ma piuttosto quello che viene ricercato attraverso il “fare” ( la esplicitazione di una processualità ). Ed anche in questo caso ciò è confermato: conta quello che anima la impronta-traccia che va attuando una forma, o meglio, quello che preme e rimane è, di ogni forma, la sua essenza.
Rolando Bellini
Testo critico di Martina Corgnati
Il lavoro di Emanuela Volpe, invece, insiste, più di quello delle sue colleghe, sulla componente teatrale del posare, sulla ricercatezza e l’ostentazione di atteggiamenti che non fanno tanto parte della vita quanto della tradizione pittorica; e che, quindi, portano con sé un ricchissimo corredo di memorie e di storie di altri quadri, altri atteggiamenti simili della modella e del pittore. Il suo amore per il colore, però, la spinge ad avvicinarsi al soggetto fino a realizzare dei primissimi piani veramente fotografici, che negano il fondo, lo spazio intorno, ed esaltano il dettaglio: le labbra, i capelli, una mano, risulti a pennellate larghe e dense che in ogni occasione sembrerebbero potersi fare autonome da qualunque racconto, qualunque descrizione e qualunque oggetto per offrirsi soltanto come pura pittura, pittura astratta (ma, d’altra parte, tutta la pittura è astratta).
Martina Corgnati
Testo critico di Paola Richetti
…Una figura potente quella di Emanuela Volpe memore di tutta la linea di riflessione novecentesca che dalla forza costruttiva della forma cezanniana conduce all’ultimo Boccioni facendo proprio un colore urlato ed espressionistico che potenzia la sintesi dell’immagine.
Paola Richetti
Testo critico di Carlo Adelio Galimberti
Emanuela Volpe dipinge i corpi femminili con quella serena saturazione dei colori come di chi ha contiguità con la creatività della natura, così come è condizione esclusiva del femminile. Emanuela Volpe si rivolge alla natura con quel fremente, e al tempo stesso, rispettoso atteggiamento di chi si pone all’ascolto, per sentire il dire d’ogni cosa, tanto quanto ne possa recepire e quindi svelare, consentendo alle cose quella libertà espressiva che avrà la sua risonanza persuasiva nella apparizione della intensa e satura cromia della sua pittura. Il corpo femminile nelle opere di Emanuela Volpe si apre allo sguardo dell’artista raccontando le mille storie che finora ha custodito e che l’artista veste del corpo dei pigmenti. Ed ecco allora che ogni cromia apre narrazioni seducenti, oltre la loro apparente fisicità, funzionalità, plasmabilità. Volpe dà loro voce dando evidenza al gesto pittorico, dove i grumi della materia del colore ed il segno rivelato dal gesto sulla superficie dipinta offrono una nuova e più affascinante possibilità narrativa ai corpi ritratti. E loro, così amati, apriranno l’avvincente canto del dipingere.
Carlo Adelio Galimberti